venerdì 25 settembre 2015

LA BANDA DEL CORTILE: GIORNO LAVORATIVO

di Gianluca Bissolati


 Una volta giunto al ristorante, parcheggio sempre sotto il vecchio fico; dal momento che dopo il colloquio non è più capitato nulla di spiacevole con gli uccelli, ho deciso di continuare a sfruttare la sua ombra.
Scendo dalla mia Panda e accendo come di consueto la sigaretta pre-lavorativa e mi dico che se oggi lavoro bene, lunedì con Niky e Giova, andrò a farmi una giornata in piscina. È da tanto tempo che non ci vado e forse non ci andrò neanche stavolta, per un motivo o per un altro, ma me lo ripeto comunque pure oggi, giusto per trovare uno stimolo e iniziare a lavorare con un briciolo di voglia in più.
 Guardando il parcheggio, vedo che sono il primo tra i camerieri ad essere arrivato. Per ora c’è solo il Kangoo grigio di Piero. Infatti sono arrivato con un quarto d’ora d’anticipo, deve essere arrivato da poco pure il Boss.
 Entro e saluto, ma non vedo nessuno. Dalla cucina, dietro al bancone, arrivano dei rumori e capisco che la cuoca sta già armeggiando con le padelle. È una donna di mezza età con i capelli lunghi fino alle spalle e l’aria simpatica.
 “Salve Carla.”
 “Ciao Max “ mi urla dalla cucina “sei in anticipo.”
 “Sì, lo so, non avevo nulla da fare a casa.”
 In realtà le cose da fare ci sono sempre a casa mia, ma mi ero stufato di sentire mia madre e mio padre che continuavano a ripetermi come era meglio fare il cameriere. Per carità, lo fanno per aiutarmi, però dopo due ore erano diventati un po’ pesanti.
 “Ah, bravo allora, trovato traffico?”
 “No, deserto. Dov’è Piero?”
 “È sul retro, starà prendendo le birre da mettere in frigorifero, non saprei.”
 “Va beh, vado a mettere giù la felpa e lo cerco.”
 Vado sul retro del ristorante. Vicino al bagno del personale c’è lo sgabuzzino ed è li che appendo la felpa, su un attaccapanni mezzo storto. Mentre esco, sento Piero che impreca contro la legna.

 Perché cazzo bestemmia contro la legna?

Giro l’angolo e vedo che cerca con uno sforzo titanico di sollevare una cassetta stracolma di ciocchi per il forno. Rimango fermo a guardarlo aspettando che sia lui ad accorgersi della mia presenza. È poco più basso di me, sulla sessantina ed ora ha pure una ragnatela di vene che si gonfiano sulla parte destra del collo.

 Vai ad aiutarlo, non vedi che tra un po’ schiatta?
 Tu dici?

Mi avvicino facendo rumore, in modo che si accorga della mia presenza. Non sia mai che lo spaventi involontariamente e gli prenda un infarto.
 “Buonasera, serve una mano?”
 “Ah! Ciao. Ti sembra che mi serve una mano? No. Ce la faccio benissimo da solo però, se proprio vuoi, tu porta la legna, io vado a prendere le birre intanto.”

 Ovviamente. Ce la fai benissimo da solo. Certo.

 “Ok.”
 Prendo la cassetta e Ma quanto cazzo l’hai caricata?! mi avvio verso il forno a legna. Piero da dietro mi urla:
 “Ce la fai?”

 No...

 “Sì sì. Tranquillo.“  
Ma se non mi si spezza la schiena e non mi cade tutto in terra è un miracolo.
 Arrancando, arrivo vicino al grande forno a legna dietro la pizzeria e mi appresto a sistemare i ciocchi. Nel frattempo, Piero arriva dal bancone del bar e mi dice di lasciare perdere quel lavoro, lo avrebbe fatto fare ad un altro più tardi, e di cominciare a preparare i tavoli della sala al piano terra.
 Prendo le tovaglie e le sistemo, prendo i coprimacchia e appoggio pure quelli poi, mentre prendo le posate, arriva il primo degli altri camerieri.
 “Ciao Max.”
 “Ciao.“ Saluto gentilmente.
 Arriva il secondo.
 “’Sera Max.”
 “’Sera.“ Saluto anche lui.
 Arriva pure il terzo.
 “Ehi! Max! Tutto bene?”
 Faccio un cenno con la testa e ‘ok’ con la mano.
 Il quarto.
 “Ciao Max.”
 Ignoro e faccio finta di non aver sentito.
 In mezz’ora la sala è pronta e mi preparo per andare ad aiutare al piano di sopra, ma proprio mentre sto per salire le scale il Boss mi chiama da parte.
 “Lascia stare di sopra, se la cavano da soli. Tu invece vai nello sgabuzzino, apri l’armadio e prendi la camicia bianca e il papillon, che stasera fai tu l’accoglienza.”
 “Io? Sei sicuro?”
   
Prima mi insulti per l’aspetto da teppista che ho, poi mi metti a fare l’accoglienza?

 “Sì, tu. Vai, dai.”
 “Va bene.”

Sei diventato pazzo.

Mi è stato spiegato un po’ cosa devo fare. Nulla in pratica. Chiedo ai clienti se hanno prenotato, se sì, controllo sul registro che tavolo è riservato per loro, se no, li accompagno ad un tavolo libero. Non so bene come si faccia l’accoglienza altrove, ma da noi è una cosa molto alla buona, quindi ce la farò senza problemi.
 Anche se ancora non mi spiego come mai sia stato scelto proprio io per questo ruolo. Ok, sono abbastanza socievole, ma non ho proprio l’aspetto rassicurante, mi tocca ammetterlo. Forse Piero vuole dare una svecchiata all’immagine del locale? Forse cerca di far capire che sono tutti ben accetti nella sua pizzeria?

 Bah, che cazzo me ne frega in fondo? Io sto qua a far nulla e mi pagano pure.
 Prendila come una dimostrazione di fiducia.
 Sì, ma non me la spiego lo stesso.
 E allora che vuoi? Andare a servire ai tavoli? Se preferisci, basta dirlo, Piero ti accontenta.
 No, va benissimo così. Forse mi ha mandato qui perché l’ultima volta ho discusso un po’ con quell’ubriacone.
 Discusso un po’! Gli hai praticamente detto di non rompere i coglioni.
 Sì, ma parafrasando. E poi avevo ragione.
 Parafrasando? Secondo te: ‘Per favore non continui a chiedere alcolici che sta mettendo in imbarazzo la sua famiglia’ è un modo gentile per parlare coi clienti?
 Ma avevo ragione.
 Sì certo.
 E poi mi dà fastidio ‘sto cazzo di papillon!
 Dai, concentrati che c’è gente.
 Oddio! Che cos’è? Una donna o uno scorfano?
 Magari entrambi. È una sirena.
 Ma no cazzo! Mi distruggi un mito!

 “Salve, avete prenotato?”
 “Sì, un tavolo per due” mi dice l’uomo basso e grasso che sta insieme alla Sirena-Scorfano.
 “Nome, prego.”
 “Monicelli.”
 “Perfetto, controllo sul registro.”
 Dando un’occhiata alla lista di nomi che ho di fronte, faccio di tutto per non scoppiare a ridere. Lei è orrenda, ma lui deve essere davvero disperato per essere finito con una del genere.
 Ma quanto sei bastardo?
 “Ok, vi accompagno al tavolo.”
 Andiamo tutti e tre nella sala da pranzo al piano terra; io per primo, la “Sirena-Scorfano” con un’aria altezzosa e arrogante dietro di me e il marito per ultimo, che la segue come un cagnolino.
 Chissà cosa le passa per la mente per avere un’aria così superba mentre si guarda attorno.
Torno al mio banchetto. Sopra il gradino mi sento dietro un pulpito, come un giudice pronto ad emettere la sentenza, o un prete che si accinge a sparare un sermone pieno zeppo di cazzate perbeniste. Ma qua dietro non ho alcun potere, e men che meno la possibilità di essere ascoltato seriamente da qualcuno.

 Mi annoio in mezzo a questa solitudine affollata.
 Va beh, pensa che ti pagano.
 Ma il tempo non passa più, e inizio a spararmi segoni mentali su gente che neanche conosco.
 Vedilo come un passatempo.
  Ok, inizia il ‘gioco dei giudizi avventati e tendenziosi su gente che non conosco per niente’.
 Bello! Gioco pure io. Dai che ne arriva un’altra!
 Allora, di viso non è male, però non ha assolutamente né tette né culo. Il fidanzato invece mi sa di sfigato, ma anche questo pieno di soldi.
 Per me no, è sfigato e pure povero. Altrimenti non si spiegano le Sneakers mezze sfondate.
 Già, forse hai ragione.

 “Salve, prenotato?”
 “Sì, Valvassini.”
 “Va bene, controllo il registro.”

 Hai ragione, ha pure un nome da povero, non è neanche valvassore.
 Oddio! Questa però è grossa come cazzata!
 Colpa della noia.

 “Vi accompagno alla sala di sopra.”
 Li faccio sedere e mi ringraziano e questo mi rende la signorina “Tavola da surf” e “Lo Sfigato” più simpatici; sembrano dei bravi ragazzi in fondo. Sicuramente meglio della “Scorfana”.
 Scendo e torno al mio ‘pulpito’.

 La serata prosegue tranquilla. Man mano che passa il tempo i clienti arrivano con meno frequenza mentre alcuni se ne sono già andati, come ‘Tavola da Surf’ e ‘Sfigato’. Ci ho scambiato quattro chiacchiere e devo dire che sono davvero dei bravi ragazzi, e per di più mi hanno lasciato cinque euro di mancia.
 Sono circa le nove meno un quarto, ormai da dieci minuti non si fa più vivo nessuno ma io, per ordine di Piero, ho l’obbligo di rimanere alla mia postazione almeno fino alle nove e trenta.
 Giusto per fare passare il tempo do un’occhiata al registro. Non manca più nessuno di quelli che hanno prenotato, di conseguenza temo che la mia esperienza all’accoglienza sia terminata.

 E meno male!
 Dai che non è stato così terribile!
 Ok, ma troppo noioso. Sempre le solite conversazioni del cazzo.
 Cosa centra? Anche in fabbrica era noioso, ed era molto peggio.
 Infatti non sto dicendo che preferisco la catena di montaggio all’accoglienza, dico solo che è noioso.
 Sempre a lamentarti.
 Poi, fosse arrivata almeno una bella ragazza! La migliore era ‘Tavola’. Fai tu.
 Non puoi pretendere Miss Italia. Accontentati.

 Le campanelle appese tra le piume dell’acchiappasogni che sta sopra la porta suonano.

 Vediamo che bestia entra stavolta.

Alzo la fronte dal registro e rimango senza parole.
 La ragazza più bella che abbia mai visto, non solo questa sera, ma praticamente in tutta la mia vita è davanti al bancone del bar.

martedì 22 settembre 2015

DEDICATA A CHI NON SA PERDERE TEMPO

di Gianluca Bissolati

Triste, stanotte mi sento,
qualcosa non va, mi dà turbamento.
Eppure sto in forma, almeno nel corpo,
dev'essere altrove quel che mi fa smorto.
Forse è il caldo, o forse è il tempo
che spreco insensato convinto sia tanto.
Ecco: dev'essere quello: dev'essere l'ozio;
il dolce far nulla in cui mi tralascio.
Eppure anche oggi ho fatto qualcosa
ma l'animo è inquieto, non sa darsi posa.
Mi sa che son pazzo, o forse drogato:
mi fermo un minuto e mi trovo agitato.
Ma ora basta, diamoci un taglio,
speriamo soltanto domani sia meglio.

martedì 8 settembre 2015

FU SCRITTO UNA NOTTE

di Gianluca Bissolati

Ove par nulla
vi sia a vedere
è lì che il saggio
nella ricerca indugia.
Celato è il luogo
del grande tesoro
che all'occhio ignaro
povero si mostra.