sabato 23 aprile 2016

IL QUADRO

Tante sono le cose che si ricordano di una persona, di un momento, di un luogo.
Spesso, soffermarsi su certi particolari, provare ad imprimerseli nella memoria, serve a poco, quando in verità in noi rimangono cose che, ad un primo sguardo, risultano nullità, alla stregua di immagini di passaggio.
Ecco, mi successe che una sera mi ritrovai per le strade di Valencia, passeggiando assieme ad un mio amico.
I miei occhi, stanchi per la sfiancante giornata tra le vie della caotica ciudad de la cienca, raramente si posavano su qualcosa di interessante.
In qualsiasi altra circostanza avrebbero seguito, bramosi, i movimenti basculanti del di dietro di ogni ragazza nei paraggi ma quella notte anche cose del genere perdevano di importanza.
Ci fermammo, dovevano essere quasi le 3 di notte ormai, in un pub al quale eravamo passati di fianco decine di volte, senza mai entrare.
L’odore all’interno era il tipico da birreria, nulla di nuovo, ma mentre attendevo la mia pinta al bancone, notai in un angolo, quasi nascosto, un quadro.
Non spiccava né per dimensioni, né per colori particolarmente sgargianti né, proprio no, per l’originalità del soggetto: raffigurava una donna che, con viso annoiato, stava appoggiata ad un tavolino.
Probabilmente di un bar, mi suggerì il mio cervello mentre davo la prima sorsata al mio boccale.
In realtà non avevo nessun motivo per credere una cosa del genere, nel dipinto non vi erano particolari che potessero riferirsi a quell’ambientazione e quel tavolino avrebbe potuto tranquillamente trovarsi in un salotto come in un giardino.
Per qualche motivo però mi ero immedesimato nella tela, avevo trovato un punto di contatto e non avevo nessuna intenzione di perderlo.
La ragazza nel quadro, oltretutto molto bella, era annoiata, delusa, in attesa di qualcosa che sicuramente non avrebbe trovato in quella bettola dove era stata dipinta, lo sapeva, eppure era lì, intrappolata per sempre, a causa dei colori e dei pennelli del maestro che l’aveva rappresentata.
Sarebbe sempre rimasta lì, cristallizzata, meravigliosa ma incastrata in una menzogna, in una promessa che non sarebbe mai stata mantenuta.
Forse mi piaceva proprio per quello.
Per la mia mente, che aveva interpretato il tutto a proprio piacimento, io e lei ci somigliavamo così tanto.
Ma nonostante cercassimo entrambi qualcosa, non ci stavamo cercando a vicenda.
Agitai il mio bicchiere nella sua direzione, in segno di brindisi e saluto.
< Cazzo fai? >
Mi chiese stupito il mio amico.
< Nulla, mi sono innamorato per una decina di secondi >

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