di Gianluca Bissolati
Avete
presente il mito di Davide e Golia? Lo conoscono tutti, andiamo!
Naturalmente siete anche convinti che la storia narrata nella Bibbia
sia la trasposizione esatta degli avvenimenti di quel giorno, mi pare
ovvio! Ebbene, sappiate che non è affatto così. Le cose, in quei
giorni, andarono piuttosto diversamente da come vi sono sempre state
dette.
Come
faccio a saperlo? Non starò qui a dilungarmi più di tanto, sappiate
solo che io, quel giorno, ero presente sul campo di battaglia. Di
seguito vi racconterò nel modo più fedele possibile gli avvenimenti
di quel lontano giorno di cui tutti hanno memoria, ma che ormai
nessuno conosce sul serio.
Iniziamo
col precisare il contesto storico: in quegli anni il Regno di Israele
era in guerra col popolo dei filistei. Non chiedetemi i motivi, li
potete trovare scritti nelle pagine dedicate al fatto nel libro di
Samuele. Vi basti sapere che in quegli anni, più o meno il mille
avanti Cristo, il Regno di Israele era costantemente in guerra con
qualcuno. Dei tipi simpatici, a ben pensarci, non è vero?
Fatto
sta che questi nemici di Israele, i filistei, erano dei tipi davvero
tosti da sconfiggere. Non appena i due schieramenti rivali si trovano
l'uno di fronte all'altro nei pressi di Soco, il re degli israeliti
Saul capisce che la situazione è piuttosto complicata.
“Perfetto:
sono tanti, più di noi. Sono forti, più di noi, e là in mezzo, se
non vedo male, c'è un tipo alto circa tre metri. Siamo nella cacca.”
Dall'altro
lato anche i generali dei filistei si trovavano ad avere più o meno
gli stessi pensieri: “Loro sono tanti, non come noi, ma quasi, loro
sono forti, e probabilmente molto più cattivi di noi. Se li
affrontiamo, magari vinciamo, ma finiamo comunque macellati in gran
parte, il che non ci sta bene. Siamo nella cacca.”
Tenendo
conto di tutte queste premesse, si può ben capire che la situazione
era ad un punto di stallo.
Re
Saul ed i suoi non riuscivano a trovare una strategia adatta ad
affrontare un esercito tanto forte e, dall'altro lato, nemmeno i
filistei sapevano che pesci pigliare.
Cosa
si poteva fare? Durante uno dei tanti meeting
avvenuti nell'accampamento filisteo, ad uno dei generali venne in
mente un'idea geniale:
_Caspita!
Perché farci macellare tutti quando possiamo mandare a combattere al
posto nostro un solo uomo?
Un
altro dei comandanti, che aveva ben poca voglia di combattere,
rispose al primo che l'idea non era male, ma il problema era trovare
un “idiota invasato disposto a tirarsi addosso l'onere”.
_Non
c'è problema _ disse tronfio il primo.
_Ah
no? _ disse il secondo
_E chi vorresti mandare?
_Golia!
Se glielo chiediamo, lui andrà di sicuro, basta promettergli una
lauta ricompensa.
_Sei
sicuro che accetterà? È una bella responsabilità.
_Certo,
è talmente stupido che non ci pensa nemmeno alle conseguenze di una
possibile perdita.
_E
dovremmo fidarci di un uomo così stupido?
_Sì,
picchia come un fabbro.
In
men che non si dica, la decisione venne presa: il buon (più o meno)
Golia era l'uomo di cui i filistei avevano bisogno.
Il
primo generale, armato di tutta la capacità diplomatica che aveva a
disposizione, andò immediatamente a cercare il gigante Golia tra le
schiere del proprio esercito. Non gli fu difficile trovarlo, nel
mezzo di una cerchia nutrita di filistei che giocavano a pallavolo
per ammazzare il tempo, il generale vide spiccare il grande Golia:
stava reggendo la rete di metà campo. Dal momento che in tutto
l'accampamento non si riusciva a trovare un secondo palo adatto alla
bisogna, i soldati avevano chiesto al colosso di fare lui stesso il
palo, e l'energumeno, sveglio come era, aveva accettato senza fare
storie.
_Ragazzi!
Mi dispiace disturbarvi, ma ho bisogno del nostro campione.
Gli
uomini, tirando qualche bestemmia e anche una vigorosa pallonata in
direzione del generale appena arrivato (l'insubordinazione era un
rischio da non sottovalutare in quell'esercito), interruppero la
partita e stettero a sentire quello che il nuovo venuto aveva da
dire. Tutti tranne uno, Golia, che non curante dell'interruzione
continuava stoico a reggere la rete.
_Sono
qui per parlare con il campione Golia!
Un'esplosione
di risate sommerse il povero generale. Gli uomini sapevano che Golia
era tutto, meno che un campione, e pensarono che il generale fosse
ammattito all'improvviso. Ad ulteriore prova della lentezza del
colosso, il buon Golia, mentre con una mano reggeva le rete, con
l'altra iniziò sovrappensiero a scavare con l'immenso indice nella
voragine che era la sua narice destra.
_Golia!
_ Disse con voce tonante il generale _Abbiamo bisogno di te!
Ascoltami!
Golia,
trasalendo per l'improvvisa chiamata in causa, pensò istintivamente
che gli avessero appioppato qualche altro compito ingrato, tipo
tenere fermo un bue mentre gli altri giocavano alla cavallina con
esso.
_Mi
dica, generale.
_Lascia
la rete, o uomo possente, e preparati per la battaglia!
Sentendo
queste parole, il gruppo di soldati emise un sonoro “Buuuuuuh!”
di disapprovazione, che sommerse come un'onda il povero generale. Era
comprensibile da parte loro, dopo tanto tempo passato a non far
nulla, che non avessero voglia di mettersi a combattere.
_Ok
_ rispose il gigante _Appena si preparano anche gli altri, vado pure
io.
_No,
gli altri no. Solo tu.
Questa
volta tra i soldati si levò un sospiro di sollievo, mentre sul volto
di Golia si disegnava un'espressione che faceva chiaramente intuire
che aveva un cattivo presentimento.
_E
perché solo io?
_Perché
sei stato scelto da tutti i generali in consiglio come il campione
che ci rappresenterà in un duello simbolico contro gli israeliti.
_Io
da solo? Ma siete matti?
_No,
tu, o uomo possente, scenderai sul campo di battaglia e sfiderai i
nemici in un uno contro uno. Tu sarai il nostro campione, e loro ne
sceglieranno uno che ti affronterà. Siamo fiduciosi in te.
Golia
aveva un'espressione chiaramente perplessa. Si trattava di un uno
contro uno, un giochetto da ragazzi, ma era pur sempre del destino
della guerra che si stava parlando. Non gli andava troppo a genio.
_Sicuri?
No dico, siete proprio sicuri che devo farlo io?
Il
coro di soldati, dopo un breve silenzio, capì che la situazione per
loro non era per nulla onerosa: a prendersela in quel posto, in caso
di sconfitta, sarebbe stato Golia; in caso di vittoria, si sarebbero
tolti il problema della guerra. Di conseguenza cominciarono ad
incitare il valoroso combattente scandendo come una cantilena il suo
nome “Go-Li-A! Go-Li-A!”
Il
gigante, non essendosi mai sentito acclamare in tal modo, si fece
animo e decise di accettare l'incarico.
_Ok,
vado e vinco, ma se per caso perdo?
_Tu
non ti preoccupare di quello, fai parlare noi e la questione si
risolverà senza problemi, anche se perdi.
Il
generale aveva in serbo un piano, nel caso le cose sarebbero andate
storte: nella dichiarazione di intenti prima del duello
(dichiarazione inviolabile una volta pronunciata) avrebbe detto solo
che se Golia avesse sconfitto il rivale, i filistei avrebbero vinto
la guerra, senza precisare nient'altro. In tal modo, se invece Golia
avesse perso, l'esercito si sarebbe lanciato all'attacco dei rivali
impreparati e qualche cosa lo avrebbero comunque ottenuto.
Una
volta convinto il campione e vestito di tutto punto, il generale
accompagnò il colosso al centro del campo di battaglia deserto.
Nelle
fila degli israeliti, re Saul, intento a schiacciare un pisolino,
venne svegliato da un servitore e gli venne riferito che un generale
filisteo, insieme al gigante dell'accampamento rivale, volevano
parlargli.
Saul,
in mutande e canottiera, uscì dalla tenda e scrutò il campo (che
sarebbe dovuto essere di battaglia, ma che in realtà era del tutto
desolato, se non fosse stato per i due tipi al centro). Incuriosito,
prese con sé un consigliere e si recò a bordo di un cavallo
all'incontro.
Il
centro del campo era distante circa mezzo chilometro dagli
accampamenti, ma, nonostante la lontananza, dal campo dei filistei si
percepiva chiaramente il coro dei soldati che scandiva le seguenti
parole: “Di Golia ce n'è uno, come lui non c'è nessuno!”.
Golia,
gasato al massimo da tanta fiducia, si dimenticò dell'ordine del
generale di non dire una parola e, facendo di fatto l'inviolabile
dichiarazione d'intenti che avrebbe preceduto il duello, dichiarò
senza mezzi termini, in modo che tutti gli uomini di entrambi gli
schieramenti potessero sentire:
_Popolo
di Israele, mandatemi un uomo a vostra scelta! Se vinco, il poderoso
Golia, avrà conquistato la vittoria per il suo popolo, ma se perdo,
e non succederà mai, dichiaro che i filistei diverranno per sempre
vostri schiavi!
Il
coro dei soldati filistei si interruppe bruscamente e il generale
filisteo trattenne a stento un urlo di dolore, mentre re Saul nascose
altrettanto a fatica una risatina e disse, prima che il tutto potesse
venire ritrattato:
_Accetto!
E
si girò, veloce come era arrivato, andandosene al trotto sul suo
fido palafreno.
Nell'accampamento,
Saul disse con orgoglio di aver un piano: avrebbe lasciato passare
quaranta giorni, poi, con uno stratagemma, avrebbe mandato uno dei
suoi soldati in battaglia contro il colosso, ed il soldato avrebbe
sicuramente vinto.
_Come,
mio signore? _Domandò uno degli uomini accorsi a sentire il
proclamo.
_Doterò
il soldato di frecce avvelenate! Così facendo, anche il minimo
graffio risulterà fatale per il gigante!
Udite
queste parole, nel campo degli israeliti si levò il medesimo slogan
di poco prima, solo con il nome cambiato: “Di re Saul ce n'è uno,
come lui non c'è nessuno!”
Come
detto, a seguito di questi avvenimenti i quaranta giorni passarono
pigri nei due schieramenti. Fiduciosi entrambi di poter vincere,
anche se i filistei, a dire il vero, nutrivano qualche dubbio in più
rispetto agli israeliti, i soldati si dedicavano ai più svariati
passatempi: lo schiaffo del soldato, la cavallina coi buoi, la
pallavolo; solo alcuni degli hobby degli uomini.
Solamente
Golia, lasciato un po' in disparte da tutti i compagni, ogni mattina
si alzava prima del sole e si presentava sul campo di battaglia
ripetendo lo stesso annuncio del primo giorno, senza mai ricevere una
risposta.
Tranne
il quarantesimo mattino.
Prima
che il sorgere del sole inondasse la valle tra i due schieramenti
contrapposti, un pastorello ignaro degli avvenimenti politici del
tempo, portò nel bel mezzo del campo (che sarebbe, ripeto, dovuto
essere di battaglia, ma che di fatto era deserto) il suo gregge di
pecore a pascolare. Rimasto sveglio per alcune ore nel cuore della
notte a controllare l'arrivo di eventuali predatori, il buon pastore,
verso l'alba, aveva finito con l'assopirsi, mentre il gregge si era
di poco spostato altre le colline che circondavano la valle.
Naturalmente
anche il quarantesimo giorno, Golia si levò dal letto prima di
chiunque altro e si fiondò nel campo di battaglia urlando come un
forsennato.
_Popolo
di Israele, mandatemi un uomo a vostra scelta! Se vinco, il poderoso
Golia avrà conquistato la vittoria per il suo popolo, ma se perdo, e
non succederà mai, dichiaro che i filistei diverranno per sempre
vostri schiavi!
_E
per la miseria! Quanto baccano di prima mattina!
Il
pastore, spaventato per le urla, si alzò di soprassalto e si guardò
attorno smarrito.
_Dunque
sei tu! _Disse Golia in modo da essere sentito da chiunque negli
schieramenti _Sei tu un israelita?
Il
pastore, spaesato, diede un'occhiata alle sue spalle e vide il
colosso a pochi metri di distanza. Sbiancando per la visione,
farfuglio disciplinatamente la risposta:
_Sì,
sono di Israele, c'è qualche problema?
_Qual'è
il tuo nome? _Urlò con forza Golia.
_Da...
Da... Davide.
_Bene
Davide, campione israelita, inizia lo scontro per il destino dei
nostri popoli.
Tra
i due schieramenti quelle parole risuonarono come un'esplosione, e
tutti gli uomini uscirono dalle proprie tende per scrutare gli
avvenimenti nella valle.
I
filistei, vedendo il ragazzino davanti al colosso, scoppiarono in una
risata fragorosa e ripresero ad intonare il vecchio coro: “Di Golia
ce n'è uno, come lui non c'è nessuno!”. Gli israeliti invece,
guardandosi attorno spaesati, andarono a chiamare il loro re, che
uscì dalla tenda e divenne pallido come un lenzuolo fresco di
bucato.
_E
quel nano chi diavolo l'ha mandato?
_Lei
signore! No?
_No!
_Siamo
nella cacca?
_Sì!
Lo
scontro tra Davide e Golia, comunque stessero le cose, era ormai
iniziato. Il piccolo pastore scappava gridando come una donnicciola
per tutta la valle, inseguito dal colosso che brandiva una spada più
lunga del suo rivale. Nascondendosi dietro ad ogni roccia, il giovane
cercava di mantenere la calma e pensare ad un modo per poter
abbattere il nemico. Ma come? Con solo una fionda!
Pensando
il più velocemente possibile ad un piano d'azione, Davide riprese a
scappare, andando casualmente in direzione del sole che stava giusto
giusto sorgendo. Impreparato alla luce accecante, dopo tanta
oscurità, il gigante Golia fece cadere la spada e si portò
istintivamente le mani agli occhi: era quello di cui Davide aveva
bisogno. Raccogliendo da terra un sasso appuntito e piazzandolo sulla
fionda, il giovane attese il momento opportuno per scagliare il suo
proiettile e colpire in piena fronte il gigante.
Silenzio
negli accampamenti, silenzio sul campo di battaglia. Facendo due
passi tremolanti, Golia si mosse in direzione del ragazzo, finendo
col cadere some un sacco di patate ai piedi del giovane.
Una
voce, vedendo la scena, si levò dal campo degli Israeliti, quella di
re Saul:
_Prendi
la spada del gigante e tagliagli la testa, altrimenti, giuro che ti
spacco le gambe.
Davide
non voleva che le sue gracili gambe subissero tale trattamento e
constatò come la sfortuna si fosse accanita su di lui in quella
bella giornata. Senza riflettere più di tanto, prese l'arma ed
eseguì l'ordine ricevuto sotto forma di minaccia.
Quello
che successe dopo è noto a tutti, solo gli avvenimenti riguardanti
la battaglia furono riportati in maniera a dir poco fantasiosa.
Ora,
io ritengo che la realtà sia molto più piacevole rispetto a quanto
scritto nei testi sacri, ma a quanto pare per gli storici non è
così. Ma voi, che ormai sapete come sono andate davvero le cose,
diffidate della versione ufficiale, e quando parlate di Davide e
Golia, ricordate sempre quanto le cose sarebbero dovute andare
diversamente.
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