martedì 29 dicembre 2015

DISCORSO IN DIFESA DELL'ARTE

di Gianluca Bissolati



In mezzo al brutto, vedere qualcosa di bello e provare dei sentimenti è la prova di non essere morti. Si muore anche respirando, si sa. Si muore perché non si sogna più, perché non ci si concede il lusso di provare un'emozione positiva; e non ci si concede questo lusso perché non ci si può esporre al rischio di provare il contrario dell'emozione positiva: l'emozione negativa. Vivere nel brutto costringe ad annullare i propri sentimenti – ad accantonarli – perché se li mantenessimo costantemente attivi saremmo in prede al dolore più paralizzante. Non possiamo stare così male, e quindi ci anestetizziamo a ciò che ci circonda. Così facendo però ci si anestetizza anche a ciò che è bello, e così, per non soffrire, non gioiamo, e quindi un po' moriamo.
Accantonare i sentimenti in certi momenti è necessario per andare avanti: non se ne può fare a meno. Ma ogni tanto, regalandoci qualche momento, è giusto che i sentimenti possano tornare a fare capolino nelle nostre vite. Anche per questo esiste l'arte ed una delle tante cose che essa insegna: lo sguardo estetico. Secondo le ultime correnti di pensiero, qualcosa di estetico è ciò che una volta osservato ci pare bello, e ci pare tale perché ha il mirabile pregio di suscitare in noi qualche emozione (ammesso che noi diamo spazio alle emozioni per scatenarsi). In breve: è estetico ciò che ci sembra estetico. È bello ciò che ci sembra bello. Può sembrare banale - anche stupido - ma in realtà è ciò che il romanticismo ci ha rivelato, ed è stata una delle più grandi scoperte (o invenzioni?) degli ultimi trecentocinquant'anni.
Si diceva dello sguardo estetico: esso non è altro che il nostro modo di rapportarci a qualcosa: è lo sguardo che adottiamo di fronte ad un'opera d'arte. Posti di fronte ad un oggetto che è esplicitamente utilizzato per trasmettere un messaggio più grande, scorgiamo in esso ogni possibile appiglio per far sì che in noi si scaturisca un'emozione. L'arte – sempre secondo le ultime correnti di pensiero – è l'istituzione che ci dà un luogo ed un oggetto su cui riversare il nostro sguardo estetico. Ma ciò non significa che quello sguardo, una volta appreso, non possa venire adottato anche nella vita di tutti i giorni.
È questo che dobbiamo fare quando siamo costretti a vivere in mezzo al brutto: osservare opere d'arte – siano esse romanzi, fotografie, dipinti, film – di alta qualità, per potersi abituare a cogliere ogni emozione che esse ci suscitano. Una volta imparato, dobbiamo voltare il nostro sguardo estetico (faticosamente conquistato) sul mondo che ci circonda, di modo da cogliere il bello che – nonostante tutto – sopravvive in mezzo a tutto quel brutto.
Guardiamo una madre che dà un pezzo di pane ad un bambino, ed invece di vedere la povertà del dono, cerchiamo di vedere la grandezza dell'affetto che viene trasmesso. Vediamo un padre che va al lavoro, ed invece di vedere la fatica che si appresta a fare, scorgiamo l'amore per la famiglia che sta mantenendo. Vediamo un murales su un muro, ed invece dell'imbrattamento della città vediamo la forza del messaggio che si trasmette.
Potrei continuare all'infinito.
Non sto assolutamente dicendo che ci si debba scordare del brutto: esso esiste e va affrontato. Ed è proprio perché va affrontato che esso va osservato ed interpretato in un modo diverso. Vedere le cose con “un altro paio di occhiali” apre delle brecce nella realtà immutabile, dando modo di immaginare un'esistenza diversa.
La madre dà del pane ad un bambino: quel pezzo di pane non è molto, ma è tutto quello che ha. Eppure se ne sacrifica per qualcuno a cui tiene moltissimo. Se lei è disposta a fare un sacrificio così grande – ed a farlo a cuor leggero – perché non posso fare qualcosa pure io? Invece di osservare e starmene in disparte, contribuirò a mia volta a quel dono, magari invitando madre e figlio a pranzare con me.
Se il padre va a lavorare in un luogo fatiscente, ma lo fa con amore, posso provare a discutere col titolare del luogo (se lo conosco, naturalmente) e così convincerlo a mettere in regola il capannone che cade a pezzi. In fondo, anche quel datore di lavoro ha qualcuno da amare, no? Con un po' di aiuto potrà immedesimarsi nel suo operaio.
Se un ragazzo usa una bomboletta spray per fare un bel disegno sul muro non lo caccerò in malo modo. Anzi, gli parlerò, e magari gli proporrò di utilizzare la propria arte in un contesto meno illegale, dandogli la possibilità di trasmettere la propria idea a più persone, magari utilizzando internet.
A ben vedere queste sono piccole cose, ma sono piccole cose che possiamo fare tutti, se solo siamo disposti a vedere il bello nel mondo in cui viviamo, e se soprattutto siamo disposti a contagiare chi ci sta attorno con il nostro sguardo estetico.
Il bello può salvarci; il bello può salvare il mondo, perché il bello è accessibile a tutti, se solo si impara a vederlo.
Viviamo nel bello, ricordiamoci che ne siamo degni. O forse, più radicalmente, viviamo il bello, dimostrandoci che ne siamo degni.

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