martedì 29 novembre 2016

IL DRAGO (Episodio 3)

di Gianluca Bissolati
Link ep.1: http://logaloud.blogspot.it/2016/11/il-drago-episodio-1.html
Link ep:2: http://logaloud.blogspot.it/2016/11/il-drago-episodio-2.html

 Il giardino era ridotto ad un groviglio di sterpaglie e rametti spezzati, con un alto albero in un punto poco distaste la casa. Dovevo guardare attentamente dove mettevo i piedi, dal momento che l'olfatto mi diceva che quello era ormai diventato il gabinetto di tutti i gatti del vicinato. Senza perdere tempo, io e i miei amici individuammo una finestra socchiusa, e agili come dei topolini, ci intrufolammo nel pertugio, riuscendo a fatica a far passare anche il cofano.
«C'è puzza di pipì di gatto qua dentro!», esclamai schifato non appena misi piede in un grande stanzone completamente vuoto.
«Non sono i gatti!», mi corresse Fedro, «È il drago che marca il suo territorio!»
«E non urlare! Il drago potrebbe sentirti e venirci a prendere tutti», mi rimproverò Amedé bisbigliando, «se ci mangia tutti è colpa tua!»
Lo guardai risentito e rimasi in silenzio, rifiutando in cuor mio l'accusa di essere la possibile causa della nostra disfatta. Zittendoci con un sibilo, Fedro si incamminò nella stanza adiacente a quella in cui eravamo, in cui si trovava una rampa di scale che conduceva al primo piano. Ai piedi della scalinata, ci fermammo per qualche secondo riflettendo sul nostro imminente futuro.
«Ci siamo», dissi. «Tra poco passeremo alla storia come coloro che hanno domato un drago».
«Siamo degli eroi, gente», annunciò Fedro appoggiando il cofano sulle scale di legno, che immancabilmente produssero un rumore sordo che rimbombò tra le pareti.
«Ancora a fare rumore?!», lo apostrofò Amedé, «prima ci è andata bene quando Gian ha urlato, ma se stavolta esce dal suo nascondiglio e scende a mangiarci è colpa tua, Fedro!». Il bersaglio del rimprovero consigliò all'amico di non dire baggianate, terminando la frase con una parola che non si addiceva per niente in bocca ad un bambino di nove anni.
«Ma tua mamma lo sa che chiami il pisello in quel modo?», domandai scioccato.
«No, e non deve saperlo».
«Quando abbiamo finito col drago glielo dirò», mugugnò Amedé, visibilmente risentito, «poi mi dirai se ti ha fatto più paura la bestia o tua madre arrabbiata».
«Basta discutere!», mi intromisi facendo da paciere, «Abbiamo l'umanità intera da salvare».
In silenzio e col viso imbronciato, salimmo le scale di legno camminando più adagio possibile. Io ed Amedé ci muovemmo agili come farfalle, mentre Fedro, appesantito dal cofano, aveva l'incedere di un ippopotamo. Seppur preoccupati per il baccano, sia Amedé che io decidemmo di non dire nulla: non era il caso di infastidire il nostro compagno biondo ancora di più. Una volta giunti in cima alla scalinata, ci trovammo davanti una porta aperta, che conduceva a quella che un tempo era stata una camera da letto. Senza esitare vi entrammo, e qui sentimmo per la prima volta il respiro del drago, proveniente da una porta chiusa in una delle pareti.
«Porca vacca!», esclamò Amedé spaventato, e corse a ripararsi dietro a Fedro ed il suo scudo.
«Eh no!», bisbigliò il biondino, «Prima ci dici di non fare rumore, ed ora che siamo a quattro passi dall'animale ti metti ad urlare? Se adesso esce e ci mangia è colpa tua, mica mia!». Non potei fare a meno di provare un sincero piacere udendo quelle parole puramente vendicative.
«Ma ho paura ragazzi! La faccenda potrebbe essere più pericolosa del previsto!»
«Sii coraggioso!», dissi con tono condiscendente.
«Ma ho troppa paura! Non ce la faccio!»
«Mio papà dice che si può essere coraggiosi solamente quando si ha paura, altrimenti il coraggio non avrebbe senso: se non si teme niente, ci si comporta in maniera normale», risposi per dare animo al mio amico francese, «è in queste situazioni che si vedono i veri eroi: quando fanno quello che devono anche se gli tremano le gambe.»
«Gian ha ragione», mi diede manforte Fedro, ormai scordatosi il risentimento nei confronti dell'amico, «e poi abbiamo uno scudo e le armi: niente ci può fermare. Tutti per uno, e uno per uno!», urlò in fine trionfalmente, inconsapevole di aver appena massacrato una delle frasi più famose della storia.
«Ok, andiamo!», disse Amedé sentendosi un po' meglio, «Uno per tutti, e tutti per uno!». Seppure non dissi nulla, non potei fare a meno di provare un senso di pace interiore quando la citazione venne fatta correttamente.
«Ai posti di combattimento!», urlai ai miei compagni d'armi, proprio mentre dall'altra parte della porta tornava a farsi sentire il temibile respiro.
Ormai pronti alla battaglia, ci disponemmo come avevamo in precedenza stabilito. Io mi appiattii lungo la parete alla destra della porta, tenendo saldamente in mano il tubo di ferro; Amedé si mise al lato opposto, con una mano sulla maniglia e nell'altra il manico della scopa; Fedro, accucciandosi dietro allo scudo, si posizionò esattamente davanti all'ingresso della tana, pronto a respingere le fiamme che il drago ci avrebbe vomitato addosso non appena avremmo spalancato l'uscio.
«Apri!», urlai. Al mio ordine Amedé abbassò la maniglia, permettendo a Fedro ed al suo scudo di entrare nella tana, seguito a ruota da me e dall'altro guerriero. In men che non si dica, eravamo nel nascondiglio del drago, pronti a combattere con le unghie e con i denti.

Link ep.4: http://logaloud.blogspot.it/2016/12/il-drago-episodio-4.html

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